|
||||||||
|
||||||||
…….a ROLANDO CERTA Nel ventesimo anniversario della morte di Rolando Certa, poeta, scrittore, giornalista ed uomo politico, sento il dovere, non avendolo mai fatto, di parlarne con questo ricordo personale.
GRAZIE ROLANDO Di Lui voglio ricordare questo bellissimo Canto: CANTO D'AMORE PER LA SICILIA Avvampa il sole nella calda estate uccelli e stormi migrano lontano, verso l'Africa nera, verso altri lidi ignoti all'uomo che la fuga anela. Fuggire è il sogno di nostra gente. E ognuno ali vorrebbe possedere e gli uccelli invidia e con tristezza rammemora la sua chiusa sorte, il dolore rimuginato e l'amarezza dei rimpianti e di ciò che non fu.
Sicilia, nel tuo cuore fragrante, coltelli si affondano violenti. E' la tua anima, il tuo corpo, o Sicilia di fuoco, è ferita che sanguina, che si rinnova nel tempo è dolore come in ora di morte. E tu che vita possiedi e doni, vigore d'intelletto e nobiltà di cuore, al mondo e al tempo; tu, che il patire racchiudi in silenzio amaro ed hai selve di braccia pronte a liberarti, rimani inerte e prostrata, come piegata da uno stanco viaggio.
Ed è vero, fu lungo nel tempo, nella storia, il tuo viaggio di pene e di rinunce: ancora dal mare una voce ci giunge che grida soccorso, che invoca salvazione; dai meandri dell'inferno giallo delle solfare tetre fievole emerge il rantolo di chi il pane scavò e l'avvenire cercò nella terra invano. Ancora il bracciante mangia pane e coltello e attende, nei lunghi mesi dell'inverno, l'ingaggio sperato. E s'acconcia a vivere raccogliendo verdure per i campi. C'è chi coltiva fiori per i morti e chi s'imbarca alla prima occasione.
Mio Sud, mia Sicilia dolcedolente, terra dei padri e dei figli e delle generazioni venture, come abbandonarti? Io resto col contadino che lotta per una società migliore, coi pescatori che affrontano bufere, coi solfatari che vivono nel respiro della terra, con gli ingegni svegli, con le menti aperte, rivolte le speranze all'avvenire, io resto col pastore caduto per difendere il suo gregge, il pane dei suoi figli. Sicilia, come abbandonarti? Tu mi sei nell'anima, nell'ancestrale respiro, nel grido represso, negli stenti che grumo fecero in gola e come roccia secolare gravano sul corpo della gente.
Sicilia splendi in questa stagione di sole e d'azzurro: cielo, terra e mare, alberi e steppe intonino una canzone millenaria. La tua fronte bruciata, commista al sudore dei giorni e al fiele delle pene, è ancora china, gli occhi di tua gente simili sono a quelli di cane bastonato. O Sicilia, pecora sgozzata per vendetta, O Sicilia, che agonizzi nel meriggio di fuoco, O Sicilia, che piangi per le tue ferite, il tempo della liberazione verrà. Ma non bisogna andare. Che i figli restino attorno alla madre, che raccolti le infondano coraggio, che le braccia le tendano a soccorrere i suoi anni cadenti, a risanare le piaghe e le rovine. Una giovinezza nuova splenderà: sarà la nostra età dell'avvenire, il tempo di un popolo risorto che ha sete di giustizia e dignità.
|