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Mazara – La città fortificata (antica stampa) |
In un periodo in
cui ognuno si trincera intorno alla propria privacy a me viene voglia di raccontarmi. Raccontare la mia vita privata
o le mie origini non mi crea alcun problema perché non ho niente di
cui vergognarmi o nascondere. Le mie origini hanno luogo a Mazara del Vallo
Città di 55 mila circa abitanti in provincia di Trapani. Dovessi io descrivere la mia
Città come fanno tutti, dovrei incominciare dalle origini pre-romane,
dallo sbarco degli Arabi o del “Wali”, del Satiro ecc. ecc. Lo
hanno fatto altri molto più bravi di me e visitando qualsiasi sito che
parli della città sicuramente troverete tante notizie storiche. Io voglio
parlarvi della “mia” Città così come l’ho
conosciuta io, a partire dagli anni cinquanta e la fine degli anni sessanta,
un luogo tranquillo dove la gente lavorava, guadagnava, si costruiva la casa
con tanto sudore e sacrificio. Ci vantavamo che da noi la mafia non esisteva
perché il lavoro c’era ed anzi con l’industria del pesce
davamo lavoro a gente che veniva dai paesi limitrofi. Si incrementava la flotta
peschereccia, con l’aiuto anche della Cassa del Mezzogiorno, e la
città si espandeva. Qualcuno emigrava al Nord o in Germania
perché non era portato alla vita che facevano i pescatori, ma ci
sarebbe stato lavoro per tutti tanto che alla fine degli anni sessanta per
fronteggiare la richiesta di manodopera arrivarono i primi immigrati Tunisini.
I Mazaresi ormai protesi verso il settore terziario cercavano lavori
impiegatizi o più nobili dal lavorare alla marina o in campagna. Ogni
famiglia ormai aveva figli avvocati, professori, medici, notai e chi
più ne ha più ne metta. Lu
Viddranu (contadino) o Lu marinaru
(marinaio) ormai erano
professioni di gente povera o bisognosa. Le famiglie incominciavano a
costruirsi la seconda casa ed arrivava la mafia. Il benessere della
cittadinanza e la ricerca di posti di lavoro di prestigio portò tutti
anche alla ricerca di raccomandazioni. Si fecero largo i politici di
professione ed i trafficanti di qualsiasi illusione. Io per studio lascio la
città nel 1970, mi
trasferisco a Milano e mi iscrivo all’Università Cattolica
perché anch’io volevo laurearmi e non rimanere un povero
pescatore. Questa era la mentalità a Mazara in quegli anni. E’
cambiato molto da allora? Sono figlio di pescatori, e ne sono orgoglioso, ed
il Cognome Asaro, a Mazara, è un cognome prettamente di pescatori, e
tutti gli avi, quanto meno dalla parte maschile, che mi ricordo erano
pescatori. Gli antichi greci identificavano le persone con il nome proprio,
con quello del padre o con quello della località d'origine, uso
trasferito dagli antenati indoeuropei che lasciarono questa consuetudine in eredità
anche ai popoli slavi con il patronimico vic, alle popolazioni germaniche con
il genitivo sassone ed ai popoli nordici con la terminazione ssen, sson
(figlio di). I latini si identificarono con il nome proprio e con l'attributo
della Gens, del clan, della tribù di appartenenza, usanza comune anche
ad altri popoli celtici (irlandesi, scozzesi). In seguito, in epoca
repubblicana, i Romani sentirono il bisogno di aggiungere un elemento
distintivo che consentì di identificare due diverse persone aventi lo
stesso Nomen ed appartenenti alla stessa Gens ed adoperarono dei Cognomen o
soprannomi che facevano riferimento a caratteristiche personali sia esse
fisiche, il candore della pelle, il colore dei capelli, una menomazione
(Claudio), la balbuzie, oppure a fatti che avevano caratterizzato la loro
esistenza come il nome di popoli che avevano vinto (es. Scipione
l’Africano) o di campagne militari che avevano effettuato o al loro
luogo di provenienza e così via. Il mio cognome non so se derivi
dal genere di piante della famiglia delle Aristolochiacee (Asarum europaeum), la cui radice era
utilizzata a fini medicinali e aromatici, ma potrebbe derivare dal toponimo
Assoro (EN), o dal nome arabo Azhar (Fiore), Azar (Fuoco in Persiano e
rappresenta il nono mese del calendario Iraniano) oppure Assar (potrebbe
provenire dal tedesco “ist er”= è oppure "daß
er" = che egli) che in Svezia è nome proprio di persona.
In Italia il cognome ASARO è tipico del
trapanese, di Mazara del Vallo (TP) in particolare, la forma Asara è
diffuso nella Sardegna settentrionale, mentre Asero è diffuso nel
catanese. Comunque questo cognome in Italia è presente in 163 Comuni.
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Mazara
- Facciata del Duomo |
Statua (del Marabitti) di
San Vito Martire Patrono della Città |
Proprio a Mazara del
Vallo io nasco nel 1949 da Gancitano Filomena e Asaro Nicolò.
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La mia famiglia in una foto ricordo |
Giovanni Battista
Marianna
Giacomo
Andrea
Salvatore
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Adesso abito a Ciserano, in provincia di Bergamo,
con mia moglie (Leandrina) e i miei due figli (Annalisa ed
Alberto) e dove ho lavorato per ben 18 anni in qualità di Direttore S.G.A. presso l’Istituto
Comprensivo. Dal 1° settembre 2008 sono pensionato. A casa
mia conservo molte cartoline della mia città in quel periodo e
qualcuna l’ho inserita qua e là nel sito stesso. Sono ricordi
indelebili che ognuno di noi si porta dentro di sé. Nostalgia,
vecchiaia forse ma non solo.
Siamo tutti esuli dal nostro passato (Fëdor
Dostoevskii)
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Flash e scampoli
di Nostalgia
Donne vestite di nero
La prima casa in cui ho abitato era in Via E. e G. Mattana, quella via
stretta e lunga che da Piazzetta dello Scalo alla marina va verso Via Ponte
sul Mazaro (oggi Via Piersanti Mattarella) quartiere Machina di ghiacciu. Per
informazioni più concrete sul quartiere, nel periodo che sto
ricordando, vi suggerisco il libro di Enzo Gancitano, figlio di pescatori,
“ A due passi nel fiume” che
io ho divorato perché mi ha fatto ritornare ragazzino quando
anch’io facevo parte di quei ragazzi di cui l’Autore parla.
Grazie Enzo per la felicità che mi hai trasmesso. Fin da piccolo ero rimasto affascinato da un vociare mattiniero
che sentivo arrivare dalla strada. La prima volta che mi sono affacciato
dalla finestra, chiamato da questo brulichio ambulante, sono rimasto
esterrefatto vedendo un fiume di donne vestite di nero che parlavano,
gesticolavano, si chiamavano e si rincorrevano. Ho chiesto a mia madre
spiegazione sulla fiumana di donne in nero. “Quelle donne vanno a
prendere la Chiatta per andare Addrabanna la Chiatta (Trasmazaro
oltre il fiume mazaro che attraversa la città) vanno a lavorare ai Salati”. Negli anni cinquanta
gli stabilimenti dove si conservava il pesce in salamoia (Salati) erano molto numerosi a Mazara e
la maggior parte erano dislocati al di là del fiume nel quartiere Tasmazaro.
Oggi si chiamerebbe zona industriale. Questa fiumana di donne veniva dai paesi
limitrofi (Campobello, Castelvetrano, Partanna, Salemi) e la maggior parte di
Loro erano vedove ecco perché erano di nero vestite. Venivano a Mazara in
treno, attraversavano Via Vitt. Veneto, Via G.G. Adria, Via Isola delle
Femmine e poi Via Epifanio e Guido Mattana che li portava direttamente
alla Chiatta
(un grosso zatterone che trasbordava la gente da una riva all’altra del
fiume). Molte famiglie vivevano dei proventi di questo lavoro. La scena, poi
si ripeteva in senso inverso di pomeriggio, quando, finito il lavoro,
riprendevano la strada del ritorno a casa. Questa processione giornaliera ma
stagionale, andava dal mese di febbraio al mese di giugno, mentre negli altri mesi
il lavoro era limitato a meno addetti ed a me ha lasciato un bel ricordo
antico ma affascinante.
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Le gabbiette di zibibbo
Un altro antico ricordo che aveva luogo a Lu Purteddru (il nome deriva da una piccola porta esistente ai
tempi della Mazara fortificata) che corrisponde all’angolo tra il Molo
Caito e Piazzale G.B. Quinci, si svolgeva nel periodo tra agosto e settembre
ed era l’arrivo da Pantelleria di bastimenti carichi di Uva Zibibbo in
speciali cassette di legno a forma concava chiamati appunto “Gabbiette”. Lì arrivavano
i vagoni lungo la ferrovia (voluta proprio da Mons. G.B. Quinci) che dalla
stazione ferroviaria arrivava al porto. L’uva era sbarcata dagli
scaricatori (Catrai) di porto e caricata sui vagoni, nel frattempo arrivavano i
carretti pieni di lastre di ghiaccio che erano messe in speciali celle
all’interno dei vagoni per mantenere fresco il prodotto che partiva per
il Nord Italia. La stessa cosa
avveniva quando sui vagoni veniva stipato il pesce. Dal balcone di casa mia,
che distava una trentina di metri dall’ingresso principale della Machina di ghiacciu, io, gambe a
penzoloni, assistevo alla scena dei carrettieri che riempivano i carretti di
lastre di ghiaccio e poi di corsa partivano per il porto. Era una gara a chi
faceva più viaggi perché erano pagati a cottimo. Vi lascio
immaginare la scivolata di qualche cavallo quando la strada, ormai bagnata
per le scolature del ghiaccio, risultava rovinosa e pericolosa. Ricordo
sempre le frustate (con la Zotta = frusta) date da un famosissimo
carrettiere al proprio cavallo dopo una scivolata. Meno male che allora non
esisteva la “Protezione degli animali” perché Michiluni
avrebbe passato seri guai. Che via vai c’era nel mio rione in quel
periodo. Adesso quando vado a rivedere quei luoghi mi assale una tristezza
che non so come descrivere. L’antica fabbrica del freddo ormai è
chiusa da molto tempo e le attività del porto si sono trasferite al
Porto Nuovo, il quartiere è scarsamente abitato in quanto alcune case
sono state abbandonate ed altre trasformati in deposito di merci o magazzini.
Voci notturne
Un’altra usanza che caratterizzava il quartiere erano le chiamate
notturne fatte per svegliare i pescatori. Negli anni cinquanta i pescherecci
erano molto più piccoli di adesso e si andava a pescare con il mare
calmo. Non si dava un orario all’equipaggio e nemmeno esistevano i
telefonini. Si provvedeva a radunare l’equipaggio con la chiamata.
Allora a bordo di ogni peschereccio c’era un mozzo, ragazzini di 10/12
anni, che girando per le strade del quartiere e non conoscendo il numero
civico della casa del pescatore, poiché i mozzi cambiavano spesso,
incominciava a chiamare a voce alta i nomi ed a volte anche i cognomi o
soprannomi ('ngiurie), in
quanto i nomi erano quasi sempre gli stessi, per svegliare i
pescatori……. Zu Cola, Zu
Vito, Zu Cicciu a mari amagghiri ……Il pescatore si svegliava
e comunicava di aver capito così il ragazzo tornava a bordo a
tranquillizzare il proprietario del peschereccio che da lì a poco
avrebbe radunato l’equipaggio per andare a pescare. Antiche voci che se il pescatore non sentiva subito era una svegliata
unica per tutto il quartiere ma che si ricordano con piacere.
Zi
Titì
Non posso tralasciare, parlando di questo rione,
la Zi Titì un
personaggio che penso tutti ricordino con affetto. Era disponibile con tutti
per qualsiasi cosa: una parola di conforto, un’iniezione, un favore,
un’assistenza ad un ammalato e chi più ne ha più ne
metta. Mio nonno, in fin di vita, aveva bisogno di salassi e Lei aveva
imposto a Vanni (suo marito) di andare a trovare le Sanguette (sanguisuga) alla Fiumara. Boccaccesca nel suo
linguaggio, una sua frase famosa era: n’aiu
vistu buttani ma no comu li fimmini,
era per noi ragazzi un’attrazione e nel periodo di carnevale
tutti in maschera insieme a Lei. Ci mascheravamo con le cose più
disparate perché allora non esistevano i vestiti di carnevale
confezionati ed allora si usavano pigiami, vestiti delle mamme o dei
papà, stracci, corde, cartoni ecc. ecc. Il giovedì grasso si
portava Lu Cantaru a spasso. Lu Cantaru era il vaso da notte quello
alto a sedile che era in uso anticamente e
la Zi Titì lo
infiocchettava con un fiocco rosso. Due ragazzi un po’ più
grandi lo reggevano dai manici e noi dietro a cantare e scherzare mentre
l’Animatrice Zi Titì prendeva
in giro tutti i residenti o passanti. L’ultima volta che l’ho
incontrata aveva circa novantanni e faceva l’autostop in Via Bessarione
mi sono fermato l’ho fatta salire in macchina. La prima cosa che mi ha
detto è stata: “Non ti approfittare di me perché sono
ancora vergine” mi sono fatto una risata e poi mi sono presentato era
felice di rivedermi. Erano tanti gli anni che non ci incontravamo, poi mi ha
obbligato ad andare con Lei al porto perché doveva incontrarsi con mio
cugino Andrea Gancitano “Simana”
che gli aveva promesso, ritornando dalla pesca, del pesce. Mi ha detto
esattamente così: “Babbu to cucinu appena ti viri ti runa li
pisci puru attia”, così è stato ed anch’io ho
guadagnato una Ghiotta (zuppa) di
pesce. Era simpaticissima.
Un
popolo che ignora il proprio passato non saprà mai nulla del proprio
presente (Indro Montanelli)
Alla fine degli anni cinquanta lasciavamo
l’amato rione, dove avevano abitato tutti i miei nonni e dove abitavano
ancora zii e cugini, e ci siamo trasferiti nella zona degli orti (all'urticeddru), allora
periferia, verso
la Makara. La
vecchia casa distava circa 300
metri ma a noi sembravano tantissimi. Per un paio di
anni, comunque, io e i miei fratelli abbiamo continuato ad andare a giocare
con i nostri amici al vecchio quartiere. Nel nuovo rione ho conosciuto: gli
orti, le mucche al pascolo, le stalle, i vigneti …la campagna insomma
io che fino ad allora avevo visto solo porto, fiume e mare. Gli anni sessanta sono stati,
secondo me, belli per tutti. Alle medie avevo compagni che venivano da altre
realtà e man mano che si cresceva il punto di ritrovo era diventato
Piazza della Repubblica o Via Garibaldi. Il Campo Sportivo poi era il ritrovo
per noi innamorati di calcio ed io ho giocato in tutte le categorie giovanili
dell’U.S. Mazara. E non so chi e come incominciò a chiamarmi
“Sormani” e per tutti sono diventato Andrea Sormani.
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Foto scattata in occasione dell’incontro di calcio Mazara-Trapani
Trofeo Beretti – 18 Aprile 1964
In alto:
Mario Buffa, Nino Bonsignore,
Pino Ingargiola, Enzo Bucca, Tino Maniscalco, Enzo Giardina, Alfredo
Giardina, Franco Corrente, Antonio Mangiapane, Umberto Certa.
Accosciati:
Emanuele Lombardo,
Salvatore Ferrara, Andrea Asaro, Aldo Lisma, Ciccio Trinca, Luigi Tumbarello, Pino Ariello, Vito
La Paola, Pasqualino
Mattaroccia.
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Anni fantastici in una bellissima Mazara che stava
trasformandosi diventando sempre più ricca ma non più bella.
Tutti stavamo costruendoci le seconde case (abusive) e nascevano le prime
pizzerie, nuovi ristoranti e dancing. Al Cristal si organizzarono i primi
pomeriggi danzanti per i giovanissimi e in Via Garibaldi le nuove Boutiques
attiravano tutti i giovani che adesso potevano permettersi qualche soldo in
più. Anni di boom economico anche a Mazara e rivoluzione
“copernicana” di usi e costumi. Ho lasciato la città nel
1970 con un groppone in gola che mi ritorna in questo momento come in tutti i
momenti in cui ripenso a quegli anni.
L’Ariston Bar
Il Bar Ariston, del carissimo e compianto Enzo Fiorentino, si trovava
in Via Ponte sul Mazaro (oggi Via P. Mattarella) ad angolo con Via Pisa ed
era il ritrovo mio e dei miei amici ma era il ritrovo degli amanti del calcio
ed in modo particolare dei tifosi del Mazara. Il locale non era molto grande
ma noi ci passavamo giornate intere a discutere di sport e di calcio in modo
particolare ed il nostro giudizio spesso influenzava tutta la tifoseria. Era
frequentato da molti giocatori del Mazara di quel periodo (Affatigato,
Basile, Cirrito, Marino, Vickpalek jr., Librizzi, Bini) tanto per citarne
qualcuno più i locali Asaro, Placenti, Foggia e Santino Giacalone
“Mannarà”. Eravamo tutti amici senza distinzione
d’età, tra il più piccolo ed il più vecchio
c’erano almeno cinquantanni di differenza, ma eravamo un gruppo unico
senza alcuna distinzione. Lì si organizzavano le trasferte per
incitare il Mazara, quando giocava fuori casa, partite e tornei estivi di
calcio, serate danzanti, carnevali. Cantanti come Michele o complessi come i
Camaleonti o i Rokers sono venuti ad esibirsi a Mazara grazie ad organizzatori
e produttori che frequentavano l’Ariston Bar e tutti eravamo pronti a
dare una mano. Le giocate a carte
o a boccette, naturalmente, erano le principali attività ma quante
chiacchiere e discussioni abbiamo fatto non riesco neanche a numerarli e
quando Enzo e soci aprirono il Ragno d’oro tutti ci siamo dati da fare
come attacchini, camerieri, p.r., bigliettai, e senza alcun compenso ma per
l’amore che i nostri amici riuscissero nell’intento. Ogni tanto
organizzavamo uno “schiticchio =
scampagnata” a base di pesce ed eravamo tutti contenti. Amicizia,
semplicità e partecipazione ci hanno sempre distinto.
Andavamo al Golden Rock
Un’estate nacque quasi dal nulla il Golden Rock. Salvatore
Gucciardi mi aveva un giorno chiesto se lo accompagnavo alla Vucca (Bocca Arena) perchè suo
fratello Giannino con Nino Romano ed altri avevano ottenuto la licenza, da
parte del Demanio marittimo, per uno stabilimento balneare su quel sito
più roccia che spiaggia al di qua del fiume Delia o Arena prima del
ponticello di legno dove adesso c’è il “Kikis”.
Avevano bisogno di una mano di aiuto. L’ho accompagnato qualche volta a
dargli una mano con lo spirito del curioso perché mi sembrava
difficile che in quel posto potesse sorgere un luogo di svago e divertimento
in quanto la spiaggia era piccola e stretta e la zona rocciosa non permetteva una
pista così larga da farci una balera. Mi ero sbagliato. Il locale non
risultò grande in compenso divenne un luogo di culto, per un decennio,
per tutti i giovani Mazaresi e non solo. Il primo anno allietarono le serate
il Complesso “Gli Asteroidi”, negli anni successivi si
alternarono “Gli Amici” ma principalmente “I
Dioscuri”. Ci siamo divertiti tantissimo in quel piccolo locale dove
ogni tanto si esibivano cantanti famosi (es, Ornella Vanoni) o complessi (es.
I Dik Dik). Anche la
Sirenetta, il Desiréé, e per qualche anno il
Ragno d’oro, invitavano cantanti famosi ed attrazioni varie. Le Estati
di quel periodo sono state piene di attività e Mazara diventava nella
zona la città, turisticamente, più frequentata nelle ore
serali.
Testi inseriti nel mese di Febbraio 2007
Là dove noi
non siamo, si sta bene. Nel passato noi non siamo più ed esso ci
appare bellissimo (Anton Pavlovic Cechov)
L’OMU
CANI
Questa foto di “Ciccio Quinci” ormai è famosissima.
Amici
che frequentano questo sito mi hanno stimolato a parlare di Tommaso Lipari
detto l’Omu Cani, sapendo che io più di una volta avevo fatto qualche
chiacchierata con Lui, e lo faccio volentieri. Alla fine degli anni sessanta
un gruppo di giovani allora considerati “anticonformisti” avevamo preso
l’abitudine di sederci sui gradini sottoposti alla statua di San Vito, prima
della recinzione, in Piazza della Repubblica a Mazara del Vallo. Tommaso in
quel periodo sostava a lungo lì sotto e così ho avuto modo di scambiare
qualche parola, quando si era da soli, perché all’arrivo di altri si
ammutoliva o se ne andava. L’impressione che ho avuto allora di questo
simpatico clochard era quella di una persona molto educata e molto istruita
che aveva fatto questa vita per scelta ed una sigaretta l’accettava sempre
volentieri. Alla sua morte, avvenuta il 9 luglio 1973, io non mi trovavo a
Mazara e quando qualche giorno dopo sono arrivato tutti gli amici mi
informarono della grande partecipazione di gente, venuta anche dall’estero,
al suo funerale. D’altronde era a conoscenza di tutti che, più di una volta,
Tommaso era stato visitato da persone di un certo lignaggio che hanno
tentato di riportarlo a casa. Chi era effettivamente Tommaso? I fratelli
Romeo hanno sostenuto per anni che era Ettore Majorana il grande fisico
scomparso in circostanze misteriose. Interessante ho trovato la lettura del
libro “Tommaso l’omu cani” del nostro concittadino Ignazio Bascone che
conferma l’ipotesi dei Romeo e che vi invito a leggere. Vorrei aggiungere
soltanto che oggi esiste il test del DNA e Tommaso è seppellito nel cimitero
di Mazara del Vallo.
Voglio proporvi, per chi non la conoscesse, questa
bellissima poesia che il Mio caro amico Enzo Gunnella, poeta fiero delle
proprie radici, ha dedicato a Tommaso e dal titolo: UNO, NESSUNO
Grigio marmoreo
sotto
San Vito
statua silente,
giaciglio di cartone,
non
cane rabbioso
ma
schivo migrante
saturo di scirocco
e
brezze di libertà.
Re
vagabondo
senza
maniero
per
vicoli e piazze
a
smarrire identità.
Sacca
e bastone
e
cipiglio severo
davanti a Ruggero
chino
non certo
a
svelare il suo mistero.
Uno,
nessuno,
come
solo compagno
il
fumo umile
di
cicche consunte.
Naufrago viandante
di
oscuri destini
di te
mi riporta
il
vento alfine
memoria vaga
di un
tempo di confine.
C'è, in questa poesia,
tutto Tommaso come noi contemporanei l'abbiamo conosciuto, bellissima.
Testi inseriti nel mese di Settembre 2007
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